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Tumori, migliora adesione screening ma obiettivo del 90% ancora lontano. I dati dell’Ons

Migliorano i dati degli screening oncologici in Italia, anche se resta lontano l'obiettivo del 90% entro il 2025 richiesto dalle istituzioni europee. I dati pubblicati dall'Osservatorio nazionale screening.

Migliorano i dati degli screening oncologici in Italia, anche se resta lontano l'obiettivo del 90% entro il 2025 richiesto dalle istituzioni europee. Nel 2023, per la diagnosi precoce del tumore della mammella il 55% delle donne si è sottoposto alla mammografia (contro il 46% nel 2018). Nello stesso anno, il 34% degli uomini e delle donne over 50 ha aderito alla ricerca del sangue occulto nelle feci per il carcinoma del colon retto (era il 35% nel 2018). Sempre l'anno scorso, per il cancro al collo dell'utero il 41% delle donne ha fatto l'Hpv o il Pap test (come nel 2022, ma in crescita rispetto al 35% del 2018). I dati pubblicati dall'Osservatorio nazionale screening (Ons) mostrano un "miglioramento dopo i difficili anni della pandemia durante i quali molti esami di prevenzione oncologica secondaria sono stati interrotti e rinviati. Tuttavia, rimangono ancora bassi i tassi d'adesione e soprattutto si registrano grandi differenze a livello regionale", dichiara Francesco Cognetti, presidente della Federazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi (Foce).


I dati

Nel 2023 l'adesione allo screening colorettale ha mostrato i valori più bassi in Calabria (6%), Sicilia (14%) e Lazio (19%), e i più alti in Veneto (64%), Valle d'Aosta (63%) e Friuli Venezia Giulia (52%). Nello screening cervicale i tassi di adesione minori si registrano in Sicilia e Molise (22%) e nel Lazio (26%), mentre i più alti in Friuli Venezia Giulia (77%), provincia autonoma di Trento (67%) ed Emilia Romagna (63%). Infine, nell'adesione allo screening mammografico le regioni con i numeri peggiori sono Calabria (16%), Molise (32%) e Campania (33%), ma anche Sicilia (34%) e Lazio (41%); sul podio pa di Trento (78%), Veneto (76%) e Umbria (73%). "Alcuni dati di singole regioni sono francamente inaccettabili - osserva Cognetti - e spesso riscontriamo differenze vistose anche tra Asl confinanti. Rimangono tuttavia forti le disuguaglianze tra il Nord e il Sud del Paese e preoccupano molto i tassi decisamente bassi registrati nel Lazio, la seconda regione italiana: per il carcinoma del colon-retto e quello della cervice uterina i dati sono solo rispettivamente del 19% (19esimo posto su 21 tra regioni e pa) e del 27% (19esimo posto), e per il carcinoma della mammella del 41% (17esimo posto), e quindi nettamente inferiori alla media nazionale”.


I problemi

“Vi è ancora una sottovalutazione generale da parte della popolazione dovuta anche a una scarsa informazione. Vi sono però anche problemi burocratici e organizzativi che non sempre favoriscono la partecipazione da parte della popolazione target. Le nuove tecnologie, offerte dal web e dalle telecomunicazioni, dovrebbero essere maggiormente sfruttate per coinvolgere i cittadini come già avviene in alcuni territori", sostiene l’esperto. "La diagnosi precoce dei tumori è fondamentale - ricorda il presidente Foce - E' dimostrato da numerosissime pubblicazioni scientifiche come gli screening siano in grado di ridurre i tassi di mortalità per i carcinomi del colon-retto, della cervice uterina e della mammella". "Va perciò ribadita e incentivata in tutto il Paese la prevenzione secondaria di tumori molto diffusi, ma il cui impatto può essere ridotto. Servono anche campagne d'informazione e di sensibilizzazione rivolte all'intera popolazione. Queste - suggerisce Cognetti - devono essere condotte sia a livello nazionale che dalle singole Regioni".


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