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In servizio fino a 70 anni: anche gli infermieri dicono no

Ceccarelli (COINA SINDACATO DELLE PROFESSIONI SANITARIE): «Infermieri in servizio fino a 70 anni su base volontaria per tappare la falla della carenza di personale? Una pericolosa e paradossale soluzione, non certo a lungo termine, che potrebbe addirittura ottenere l’effetto contrario!»

«Navighiamo, da tempo, nelle acque agitate di drammatici fenomeni come la carenza di personale, ormai cronica, con organici ridotti all’osso da Nord a Sud, con l’esempio lampante dell’ennesima estate infernale dei pronto soccorsi e dei reparti di emergenza-urgenza.


Non è affatto retorica, non può esserlo a questo punto di gravità a cui è arrivata l’irrisolta crisi del nostro “malandato” Sistema Sanitario. E nell’occhio del ciclone ci sono, inutile nasconderlo, e i dati in tal senso sono schiaccianti e incontrovertibili, i nostri professionisti dell’assistenza.


Siamo inoltre alle prese con una valorizzazione economico-contrattuale lontana anni luce e affidata alle promesse vane e inconcludenti della politica, senza dimenticare l’ombra di un nuovo contratto della Sanità, in itinere, affidato a risorse davvero irrisorie.


Possiamo poi dimenticare i turni massacranti e la disorganizzazione all’ordine del giorno?


E cosa ci propone ancora questo Governo, che non pare affatto intenzionato a mettere al centro del progetto i professionisti dell’area non medica? 


Rispunta, ora, sotto forma di emendamento della maggioranza, nell’ambito delle modifiche al decreto-legge 7 giugno 2024 n. 73, ovvero il piano di abbattimento sulle liste di attesa, incredibile ma vero, la proposta, su base volontaria, che permetterebbe agli infermieri di rimanere in servizio fino a 70 anni! L’esecutivo ce lo aveva già proposto con l’ultimo Milleproroghe trasformato in legge! 


Così Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale del Coina, Sindacato delle Professioni Sanitarie.


«Lasciatecelo dire, siamo di fronte all’ennesimo paradosso che rischia di trasformarsi addirittura in beffa. Non saremo certo noi quelli che faranno i conti in tasca agli altri professionisti, ma, se i medici italiani oggi si definiscono poveri, con uno stipendio medio di 110mila euro lordi annui, come possiamo chiamare gli infermieri che ne guadagnano 29mila, alla luce dell’aumento del costo della vita?


Non è finita certo qui, visto che questa politica, ancora incapace, come richiesto da noi da tempo, di inquadrare la professione infermieristica come usurante, oggi chiederebbe, addirittura, a noi professionisti dell’assistenza, di rimanere, di propria sponte, in servizio fino a 70 anni!


Per noi altro non è che l’ennesimo schiaffo in pieno volto, anche se, come hanno risposto i vertici della Fnopi, difficilmente potrebbero esserci infermieri disposti ad un sacrificio del genere.


Quanti infermieri, infatti, se non per chiare necessità economiche, nelle condizioni in cui lavorano oggi, dopo anni di sacrifici nelle corsie, alle prese con un pericoloso aumento di patologie psichiche e fisiche, potrebbero, su base volontaria, accettare questa “masochistica” proposta?


Permangono, però, la gravità e secondo noi, il pressappochismo di una politica che, ancora una volta, “predica bene e razzola male”. 


Il Ministro Schillaci, da una parte, “getta fumo negli occhi” e propone il rilancio della realtà infermieristica, sollevando la necessità di ridonare attrattività alla professione, insistendo che occorre ripartire dai nuovi laureati e dall’indispensabile ricambio generazionale, mentre, dall’altra, di fronte all’impellenza di arginare la carenza di personale, chiede agli infermieri un sacrificio impensabile e pensa bene di avallare l’assunzione di infermieri indiani e sudamericani!


I dati nazionali sulle dimissioni volontarie non mentono: sempre più professionisti, anche over 50, lasciano il nostro SSN per decidere di abbandonare per sempre una sanità che non è più, da tempo, “a misura di professionista”. 


C’è da chiedersi, però, di questo passo, chi, da qui ai prossimi 5 anni, difenderà la salute degli italiani. Le prospettive sono tutt’altro che rosee», conclude Ceccarelli.


REDAZIONE AISI

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