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Farmacia dei Servizi: è scontro in Veneto

Dopo test e vaccinazioni arriva la possibilità di fare analisi cliniche, elettrocardiogramma, visite in telemedicina. Obiettivo ridurre le attese ma è polemica. Fimmg Veneto attacca: «È business. Non è prevenzione».

Dopo test e vaccinazioni arriva la possibilità di fare analisi cliniche, elettrocardiogramma, visite in telemedicina. Obiettivo ridurre le attese ma è polemica

Sono diventate la scappatoia più rapida, vicina a casa ed economica alle liste d’attesa. 


Ormai le farmacie fanno tutto: tamponi, vaccinazioni anti-Covid e antinfluenzali, screening dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia, misurazione della pressione e della glicemia, esami del sangue, elettrocardiogramma, holter, visite in telemedicina. Il Veneto è all’avanguardia per il progetto «Farmacia dei servizi», lanciato dal governo anche con i fondi del Pnrr ma criticato da biologi e medici di famiglia, che parlano di «business», di consumismo sanitario e di «esiti inattendibili». 


«Scelta politico-economica»

«Il progetto è stato avviato dalla Regione Veneto senza prima favorire un incontro tra noi e i farmacisti per la stesura di un percorso condiviso — avverte Maurizio Scassola, presidente di Fimmg Veneto (medici di famiglia) —. Si lavora a compartimenti stagni e la ricaduta più grave è che i referti non vengono inseriti nel fascicolo sanitario del paziente. Non è una prevenzione mirata, si procede a macchia di leopardo a seconda del bisogno del singolo, col risultato che spesso l’analisi va ripetuta in ambulatorio, perché emergono risultati dubbi. È uno spreco di tempo e risorse».


Parla di «scelta politico-economica» il professor Luigi Bubacco, direttore del Dipartimento di Biologia all’Università di Padova: «Un conto è la risposta emergenziale che sfrutta la capillarità delle farmacie per fornire un servizio efficace alla popolazione, come nel caso dei tamponi durante la pandemia da Covid-19. Un altro è generare un business di dimensioni galattiche alimentato da lobby e favorito dalla difficoltà del Sistema sanitario nazionale di sostenere la domanda di prestazioni. M


a quanto pesa sulla sanità un falso negativo, cioè un malato non intercettato come tale? Più si allarga la platea di chi compie le indagini e maggiore è il rischio di disperdere la qualità dei risultati e la sicurezza del dato. Insomma — aggiunge Bubacco — in farmacia non si può fare tutto. 


La scelta è di natura politico-economica, anche perché, essendo poi necessario l’intervento di biologi che refertino i risultati, il mercato potrebbe essere influenzato dalla collaborazione tra farmacie e grandi gruppi di analisi a scapito dei piccoli laboratori, destinati a scomparire. Infine, chi controlla quest’attività?». 


«Farmacie presidio di salute»

La Regione, che l’ha regolarizzata con delibera, è chiara. «Grazie alla presenza capillare sul territorio, le farmacie diventano un presidio di salute pubblica — ha detto Manuela Lanzarin, assessore alla Sanità —. Un gruppo di lavoro sta studiando altre attività da inserire nel progetto, come il servizio Farma Cup per la prenotazione delle prestazioni specialistiche e il ritiro dei referti. E poi la distribuzione di farmaci o dispositivi come quelli per l’autogestione del diabete, la spirometria, l’individuazione dell’infezione da streptococco e campagne informative sugli screening oncologici».


L'affidabilità degli esami in farmacia

Ma sono necessari alcuni paletti, come emerge dal «parere pro veritate» sull’affidabilità degli esami in farmacia rilasciato nell’ottobre 2023 all’Ordine dei Biologi dal professor Mario Plebani, docente emerito all’Università di Padova. Che illustra: «Sono partito dalla letteratura scientifica degli ultimi dieci anni.


Purtroppo in Italia vige ancora una certa deregulation in tema di medicina di laboratorio ma per legge in farmacia vanno eseguiti esami già effettuati dal paziente a casa da solo, come la rilevazione della pressione o della glicemia. Dopodiché sono arrivato a tre conclusioni. Le analisi del sangue si compiono con prelievo capillare, cioè dal dito, e non venoso, come in ospedale, perciò l’equivalenza dell’esito c’è per alcune indagini ma non per tutte.


Secondo: bisogna limitare il numero di esami in farmacia, perché la qualità analitica va bene per controlli, monitoraggi, screening, ma non per la diagnosi. Terzo: il risultato non vale niente se non comparato con parametri di riferimento — aggiunge Plebani —. Mi spiego: non mi serve sapere se ho 100 di glicemia, se non so qual è la soglia di guardia. La farmacia deve diventare un punto integrato della rete diagnostica solo se in grado di inviare l’esito delle analisi al Sistema informativo unico dei laboratori di ricerca, così i dati del pazienti vengono condivisi, confrontati e non perduti».


La posizione dei farmacisti

Ma cosa ne pensano i farmacisti? «Farmacie dei servizi è un tentativo di decongestionare gli ambulatori e di rendere il Servizio sanitario più accessibile ai cittadini, soprattutto nelle zone disagiate come la montagna o la campagna, dove si devono percorrere anche 30 o 40 chilometri per fare un elettrocardiogramma — nota Giuseppe Losego, presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Treviso e segretario della Consulta degli Ordini del Veneto —. Ormai anche nel privato puro ci sono le liste d’attesa.


L’affidabilità? Dobbiamo seguire corsi di formazione obbligatori e disponiamo della stessa strumentazione in uso nei centri sanitari, controllata periodicamente dall’Usl di riferimento. 


Qualche limite c’è, ma non determinante. Per esempio per l’elettrocardiogramma si usano 9 parametri invece di 12, che indicano però situazioni a rischio, come fibrillazione o infarto in corso.


E sempre in telemedicina, cioè in diretta con un cardiologo che legge l’esito dell’esame in tempo reale, lo firma e dà le opportune indicazioni al paziente. 


Non è nostro compito fare diagnosi. Altro esempio: se rileviamo un colesterolo con valore 2,45 che poi in ospedale viene corretto a 2,28 o una pressione di 148 corretta a 150, cambia poco. Il margine di errore è minimo». Il business? «Con l’impegnativa del medico non si paga nemmeno il ticket, ma i camici bianchi ci fanno la guerra, quindi eseguiamo 3-4 esami al giorno, al costo medio di 20-30 euro l’uno. Ma dobbiamo pagarci personale, attrezzatura e consulenze degli specialisti».


REDAZIONE AISI

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